At Phone Alzano, davvero i nostri giovani non vogliono lavorare?

L'Ad del call center bergamsco si è detto pronto ad aprire una nuova sede in Sicilia. Motivo: i giovani lombardi non hanno voglia di lavorare. Ma la storia che racconta la Cgil è completamente diversa.

At Phone Alzano, davvero i nostri giovani non vogliono lavorare?
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Costretto a trasferirsi al sud perchè a Bergamo non si trovano lavoratori. Lo ha dichiarato in un’intervista comparsa lunedì su Repubblica, l’Ad di At Phone Alzano. Ma la Cgil ribatte “Da quel call center una valanga di vertenze sindacali”.

At Phone Alzano apre in Sicilia

“Se nella Bergamasca nessuno è interessato alla nostra offerta di lavoro per l’economia locale è sicuramente un segnale positivo, vuol dire che non c’è crisi. Ma per noi no, abbiamo dovuto seguire altre strade e aprire al Centro e al Sud”. Queste le parole di Marco Picecchi, Amministratore Delegato di At Phone, call center di Alzano a Repubblica. L’imprenditore ha annunciato la propria intenzione di aprire nuove sedi a Paternò e Latina.

Vacanti due posizioni su tre

Secondo quanto dichiarato da Picecchi in Lombardia i giovani non sono interessati a lavorare per la sua azienda. E l’imprenditore sembra non riuscire a spiegarsi il perchè. “Se uno è bravo – ha dichiarato – da noi guadagna anche 1100 euro al mese”. Su 600 postazioni soltanto 215 sono occupate dai telefonisti. Eppure, secondo Picecchi, contratto e retribuzione sono di tutto rispetto “Sono contratti di lavoro a progetto, è vero. – ha dichiarato – Ma mi sembra una buona opportunità. Formiamo noi chi arriva, perché per recuperare crediti bancari o societari devi conoscere i contratti”.

La versione di Cgil: una valanga di vertenze

Ma possibile che, con la disoccupazione giovanile che ancora sfiora il 30%, questo call center non riesca a trovare proprio nessuno disposto a lavorare? Secondo la CGIL provinciale il problema starebbe altrove e il “super” call center aperto dal 2015 nelle ex Cartiere Pigna mostrerebbe qualche ombra di troppo. “Molti lavoratori di At Phone si sono rivolti a noi negli ultimi anni: l’alta vertenzialità che registriamo è preoccupante e indizio del fatto che le collaborazioni offerte da quella società presentano delle anomalie”. Lo sostengono Paolo Turani, segretario generale della SLC-CGIL e Marco Toscano, segretario generale di NIDIL-CGIL di Bergamo. “Un conto è sostenere che i giovani non abbiano voglia di lavorare, altro è dire che i giovani cerchino un’occupazione quantomeno dignitosa”.

Dipendenti mascherati da collaboratori a progetto

Ad oggi sono oltre 50 le vertenze aperte contro la società. Si tratta di impugnazioni di contratti di collaborazione a progetto con rivendicazione dell’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato. Diverse sono state conciliate in sede giudiziale, altre sono tutt’ora in causa e tre sono arrivate a sentenza. In tutte e tre il Giudice ha stabilito la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato con il diritto a rilevanti differenze retributive .

Mille euro al mese? Sì, ma lordi

Anche per quanto riguarda gli stipendi le cose non sembrano essere proprio come le ha raccontate l’imprenditore. Lo ha spiegato Fausto Sottocornola dell’Ufficio Vertenze della Cgil  di Bergamo. “Dalle istruttorie delle cause ancora in corso sembra emergere abbastanza chiaramente  un meccanismo di paga oraria variabile di circa 6.50  euro lordi: calcolatrice alla mano, i 1.100 euro dichiarati alla stampa da At Phone (nemmeno 900 euro nette) come stipendio di un collaboratore parti time non si riferiscono ad un orario di 6 ore al giorno ma, di fatto, a un tempo pieno”.

Call center in Sicilia, c’è anche un precedente “illustre”

Forse non tutti lo sanno ma proprio a Paternò, dove aprirà la nuova sede di At Phone, c’è già un call center lombardo. Si tratta, nientemeno, di quello della Regione Lombardia. Sono ottocento i telefonisti che rispondono per conto del Pirellone dalla sede nel catanese. Per stipendiarli da Milano ogni anno vanno in Sicilia 22 milioni di euro. Una decisione sulla quale si era espresso anche l’allora governatore lombardo Roberto Maroni. In un’intervista a Radio Padania nel 2014 aveva dichiarato la propria volontà di riportare in Lombardia il call center della Regione. “Non vedo perché devo favorire qualcun’ altro sfavorendo i giovani disoccupati lombardi – aveva detto -Tradirei il mio mandato, tradirei il motivo per cui i lombardi mi hanno eletto”. Ma, per gli accordi presi al momento dell’apertura nel catanese, il call center di Regione Lombardia dovrà restare nell’attuale sede almeno fino al 2021.

 

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