Liliana Segre, il suo racconto di Auschwitz in Martesana

Nel 2007 ha parlato in Martesana di come è sopravvissuta ad Auschwitz.

Liliana Segre, il suo racconto di Auschwitz in Martesana
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Liliana Segre è diventata senatrice a vita negli scorsi giorni. Nel 2007 ha parlato in Martesana di come è sopravvissuta ad Auschwitz.

Liliana Segre in Martesana

Liliana Segre è diventata senatrice a vita negli scorsi giorni. Nel 2007 ha parlato in Martesana di come è sopravvissuta ad Auschwitz. Era arrivata nel 2007 a Melzo per partecipare a un convegno sul tema di "Violenza e perdono": l'auditorium Mascagni si era riempito, in centinaia avevano ascoltato la sua toccante testimonianza.

Una toccante testimonianza

«Ero una bambina felice, quando una sera di settembre mio papà mi disse che non potevo più andare a scuola perché ero ebrea. Fu l'inizio della fine. Mentre le mie compagne ci additavano in continuazione, noi vivevamo nell'indifferenza: fu quella una delle cose più brutte, perché occorre difendersi più dall'indifferenza che dalla violenza».

La fuga in Brianza

Liliana ha poi raccontato della fuga in Brianza: «Era il 1943, cadde il Fascismo e noi speravamo che la guerra fosse finita. Avevo 13 anni, molti partivano per la Svizzera, ma mio padre non se la sentì di lasciare i genitori da soli, così restammo in Italia. Io mi nascosi a casa di amici, che rischiarono la loro vita per difendermi».

L'arrivo ad Auschwitz

«Ci arrestarono al confine con la Svizzera e ci mandarono in prigione, quindi venimmo caricati sui vagoni merce a forza di calci e pugni. Alla fine del viaggio, durato una settimana, nessuno aveva più la forza di piangere o di pregare: regnava il silenzio. Il silenzio di chi stava per morire. Quando arrivai ad Auschwitz, il 6 febbraio 1944, insieme ad altre trenta persone entrai nel campo di concentramento, mentre migliaia di compagni di viaggio vennero uccisi nella camere a gas».

«Ci marchiarono come animali»

«Ci spogliarono di ogni dignità, poi ci marchiarono come animali. Le più anziane ci istruirono: non bisognava piangere, né alzare la testa, ma era fondamentale imparare la lingua tedesca». Alla fine la liberazione e la scelta di non serbare rancore: «Avevo scelto la vita e non sarei mai stata capace di toglierla ad altri. E' in quel momento che sono diventata una donna libera».

Le persone presenti all'incontro
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