Spina bifida: al San Raffaele intervento di ricostruzione fetale in utero

Il risultato possibile grazie alla collaborazione interdisciplinare tra specialisti dell’ospedale.

Spina bifida: al San Raffaele intervento di ricostruzione fetale in utero
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Un’équipe di ginecologi e neurochirurghi dell’Irccs  Ospedale San Raffaele ha eseguito con successo una correzione completa neurochirurgica della spina bifida in utero con una tecnica mai utilizzata prima in Europa: l’approccio innovativo permette la riparazione definitiva del difetto dorsale congenito fetale, con un impatto minimo a livello uterino e quindi rischi ridotti per la madre e la prosecuzione della gravidanza. L’operazione è stata coordinata dal professor Massimo Candiani, primario di Ginecologia e Ostetricia, e dal professor Pietro Mortini, primario di Neurochirurgia.

Spina bifida, al San Raffaele intervento unico in Europa

SPINA BIFIDA

L’intervento, durato poco più di due ore, è stato condotto con una tecnica a ridotta invasività volta a minimizzare la possibilità di traumi all’utero e garantire un’esposizione minima del feto, che rimane costantemente protetto dal calore materno. Gli specialisti, entrando nel sacco amniotico attraverso un’unica e piccola incisione dell’utero gravido, hanno esposto il dorso fetale con la malformazione ed eseguito la correzione totale, riparando con avanzati strumenti di micro-neurochirurgia le strutture anatomiche che non si erano congiunte a causa del difetto congenito. La mamma, una donna italiana alla 22esima settimana di gestazione, sta bene ed è stata già dimessa dall’ospedale. Sarà costantemente seguita e monitorata fino al momento del parto che auspicabilmente potrebbe avvenire intorno alla 38esima settimana. La malformazione era stata diagnosticata alle 19esima settimana di gestazione mediante ecografia ostetrica e Rmn del feto.

Le parole dei protagonisti

Il professor Massimo Candiani dichiara

«Questo eccezionale intervento è un traguardo importante nel campo della terapia fetale perché permette migliori opportunità di cura rispetto ai risultati che oggi si possono ottenere con le terapie effettuate in epoca neonatale. Questa scelta terapeutica, non sperimentale e supportata da solide basi scientifiche, è un’opzione importante per le donne gravide a cui è stata diagnosticata tale malformazione fetale».

Aggiunge il professor Pietro Mortini:

«Le evidenze scientifiche internazionali dimostrano che i bambini con spina bifida operati in utero hanno meno conseguenze neurologiche dopo la nascita e maggiori possibilità di recupero rispetto a quelli operati da neonati. Il processo di riparazione prosegue infatti nelle settimane di gravidanza successive all’intervento portando verso la normalità le strutture e le funzioni neurologiche del feto».

Un difetto congenito

La spina bifida è un difetto congenito causato dalla chiusura incompleta di una o più vertebre. Per alcune anomalie di sviluppo, che in genere occorrono nelle prime 8-10 settimane di gestazione (fattori genetici, carenza di acido folico), la parte posteriore del canale neurale da cui si sviluppano il midollo spinale, le meningi spinali e le vertebre non riesce a chiudersi. Il difetto può essere di pochi centimetri o interessare una vasta porzione della colonna vertebrale. Questa patologia comporta disabilità motorie e funzionali come la perdita della mobilità degli arti inferiori, la difficoltà nel controllo degli sfinteri e altre complicazioni neurologiche.

Collaborazione interdisciplinare

In sala operatoria erano presenti ostetrici-ginecologi, neurochirurghi, anestesisti, infermieri e ostetriche specializzati. Ospite d’eccezione, che ha voluto assistere al primo caso effettuato al San Raffaele, il professor Fabio Andrioli Peralta, autorevole ostetrico ginecologo ed esperto in chirurgia fetale di San Paolo (Brasile), che ha sviluppato la tecnica già utilizzata su oltre 200 pazienti «Questo emozionante risultato, raggiunto dopo anni di formazione, è stato possibile solo grazie al lavoro di squadra, alle prestigiose collaborazioni internazionali e alla sinergia tra colleghi di diverse discipline » concludono i due primari del San Raffaele.

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